(Adnkronos) – Alleati degli Stati Uniti e principali beneficiari, a livello strategico, della fine dell'era Assad in Siria, Turchia e Israele sono in rotta di collisione. In Siria e non solo, scrive il Wall Street Journal dei due Paesi che hanno una storia di relazioni difficili e a dir poco tese. Gestire questa rivalità diventerà probabilmente, secondo il giornale, una delle priorità dell'Amministrazione Trump, che si insedierà tra un mese. "I funzionari turchi vogliono che la nuova Siria sia un successo in modo che la Turchia possa controllarla e pensano che gli israeliani potrebbero semplicemente rovinare tutto", è l'opinione di Gönül Tol, direttore del programma Turchia del Middle East Institute.
Molti nella leadership israeliana non sono convinti delle garanzie offerte da Ahmed al-Sharaa (Abu Mohammed al Jawlani) e i funzionari israeliani si sono detti allarmati dal fatto che un nuovo asse di islamisti sunniti, guidato dalla Turchia, possa diventare nel tempo un pericolo grave quanto l'"asse della resistenza" sciita guidato dall'Iran, soprattutto alla luce del sostegno pubblico da parte del leader turco Recep Tayyip Erodgan a nemici giurati di Israele, come Hamas. Lo stesso Erdogan che non ha esitato a definire il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, il "macellaio di Gaza". Mentre negli ultimi giorni la Turchia ha più volte chiesto a Israele di ritirare le truppe dalle aree siriane nella zona delle Alture del Golan e ha accusato Israele di sabotare la transizione nel dopo-Assad. Mentre prende forma la Siria del dopo-Assad, osserva il Wsj, la Turchia emerge come potenza di gran lunga dominante a Damasco, portando Erdogan "più vicino che mai" al coronamento della sua ambizione di una sfera di influenza che si estende fino a Libia e Somalia. "Le relazioni con la Turchia sono sicuramente in un brutto momento, ma c'è sempre la possibilità di un ulteriore deterioramento – ha commentato Yuli Edelstein, presidente della Commissione Affari esteri e Difesa del Parlamento israeliano – In questa fase non si tratta di minacce a vicenda, ma la situazione potrebbe evolvere in scontri per quanto riguarda la Siria, scontri con proxy ispirati e armati dalla Turchia". La minaccia potenziale della Siria non è immediata, è convinto, ma nel medio periodo i gruppi islamisti nel sud della Siria potrebbero costituire un pericolo le comunità israeliane. "Ci sono ancora canali di comunicazione tra i due Paesi e la Turchia è sempre un alleato degli Stati Uniti, quindi le questioni possono essere appianate", ha invece osservato Eyal Zisser, docente di storia contemporanea del Medio Oriente dell'Università di Tel Aviv, certo che per Israele sia di gran lunga migliore la prospettiva di una Siria controllata dalla Turchia rispetto all'Iran. Anche ad Ömer Önhon, analista con un passato da ambasciatore turco a Damasco, sembra esagerato parlare di imminente scontro tra Turchia e Israele in Siria. "La Turchia è contraria alle politiche del governo Netanyahu – ha affermato – e se cambieranno le politiche le relazioni potranno tornare alla normalità". A parte il Qatar (alleato di Ankara), altri partner americani nella regione, come l'Arabia Saudita, gli Emirati Arabi Uniti, il Bahrein e la Giordania, avrebbero le loro remore sulla nuova influenza turca. Si teme una rinascita dell'Islam politico, a partire da Damasco. A lungo le politiche della Turchia hanno irritato le Amministrazioni americane. "La Turchia è stata per molto tempo uno stato canaglia all'interno dell'alleanza occidentale", ha commentato Jonathan Schanzer, alla guida della Foundation for the Defense of Democracies, think tank di Washington. Per Shalom Lipner, oggi all'Atlantic Council ma in passato consigliere di diversi premier israeliani, "Hts al posto di guida a Damasco, sotto la protezione turca, solleva la possibilità sconfortante per Israele di islamisti ostili lungo il confine nordorientale, una situazione che potrebbe diventare ancor più difficile se i curdi venissero respinti, lasciando posto alla rinascita dell'Is". Intanto in Siria continua l'offensiva dell'Esercito nazionale siriano, sostenuto da Ankara, contro i curdi siriani nelle regioni nel nordest del Paese arabo dove si trovano basi militari Usa. Tra i combattenti ci sono curdi del sudest della Turchia e Ankara considera il Pkk "organizzazione terroristica". "Quanto sta accadendo in questo momento è che un Paese Nato sostiene un'organizzazione terroristica che opera contro un altro Paese Nato", è l'accusa di Mehmet Șahin, deputato dell'Akp di Erdogan. Per Berdan Oztürk, del partito filocurdo Dem, Washington deve sostenere il curdi siriani in nome della battaglia comune degli anni passati contro l'Is. Così Ankara è saltata su tutte le furie quando il ministro degli Esteri israeliano, Gideon Sa'ar, ha affermato che Israele dovrebbe considerare i curdi come "alleati naturali". Ma è irrealistico immaginare un sostegno materiale ai combattenti curdi siriani da parte di Israele, secondo l'ex diplomatico turco Aydın Selcen. "Significherebbe che Israele ha perso la testa se decidesse di andare alla ricerca di guai con la Turchia in Siria – ha commentato – Negli ultimi sviluppi Ankara è la vincitrice, Israele è il vincitore. E non vedo la possibilità di un conflitto aperto tra Israele e Turchia. Semplicemente, non ha senso". —internazionale/esteriwebinfo@adnkronos.com (Web Info)
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